5 Ottobre 2024

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Scrittori friulani: intervista al carnico Tobias Fior

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gabriele-d'annunzio

La copertina del libro

La Carnia annovera molti giovani artisti. Oggi ci occupiamo di uno scrittore, il dannunzista Tobias Fior, autore di numerose pubblicazioni e collaborazioni con vari autori. Tra le altre, prima dell’intervista che ci ha rilasciato, segnaliamo:

– “Il tema delle mani nell’opera dannunziana” studio su “Rassegna dannunziana” n°54, ottobre 2008.
– Collaborazione per il libro di Attilio Mazza, “D’Annunzio e l’Aldilà” (Ianieri Editore, Pescara, 2011).
– Prefazione alla raccolta di poesie di Edoardo Quaglia “Rivi Seccati” (L’Autore Libri Firenze, 2009).
– Prefazione alla raccolta di poesie di Rosalba Katiuscia Buongiorno “Cuore di carta” (Montedit, 2012).
– Citazione nella bibliografia dello studio di Matteo Tuveri “Elsa et Louis: phénoménologie de l’amour contemporain“, inserito nell’antologia “L’identité féminine dans l’oeuvre d’Elsa Triolet“.

INTERVISTA A TOBIAS FIOR,
di Luca Coradduzza:
Come ti sei reso conto che ti piaceva scrivere e quando hai cominciato a farlo?
Ho   sempre   avuto   il   pallino   per   la   scrittura   fin   da   bambino,   diciamo   che   si   è   sviluppata parallelamente alla mia passione per la lettura. Da bambino amavo scrivere i temi a scuola e da lì si è evoluto piano piano il mio amore per la scrittura, cominciando a scrivere i primi racconti a dodici-
tredici anni quasi come una forma di sfogo personale, un’eruzione di idee e di sentimenti che trovavo difficile esprimere a voce. Trovavo nella scrittura un rifugio e, allo stesso tempo, un modo per sfogare tutte le mie emozioni. Ma il vero consolidamento alla scrittura è avvenuto con la stesura delle   prime   poesie   e   la   composizione   delle   prime   raccolte   a   quindici-sedici   anni,   poco   prima dell’inizio della stesura del mio primo romanzo “Notte”.
C’è   qualche   autore,   attuale   o   del   passato,   che   ti   piace  particolarmente   o   dal   quale   trai ispirazione?
Mi sono reso conto che gli autori che mi piacciono in modo particolare aumentano con gli anni, forse è anche un modo per constatare il mio grado di conoscenza del mondo della letteratura e dei suoi autori. Ho cominciato amando e prendendo ispirazione (e in parte anche forza) dai classici, da
Gabriele d’Annunzio a Oscar Wilde, da  Marcel Proust a Dino Campana. Poi  con il tempo ho cominciato a concentrarmi sugli autori più moderni e di genere completamente diverso, amo la prosa e lo stile inconfondibile di Stephen King e i romanzi surreali, ma allo stesso tempo molto profondi di Haruki Murakami. In questi ultimi anni ho amato molto i romanzi gialli svedesi da Stieg Larsson a Liza Marklund, per il particolare modo di affrontare la trama e le tematiche e di costruire gli intrecci.
Ma assieme alla lettura e conoscenza di questi vari autori sto imparando lentamente a formare un mio stile, a prendere il meglio dai vari autori e dai vari generi, per poter scoprire interiormente anche il meglio di me e poi metterlo nero su bianco. Cerco in qualche modo di non appoggiarmi più di tanto agli autori, come è successo con d’Annunzio, per non rischiare di diventare una mera copia.
Cerco di far emergere il mio essere scrittore e allo stesso tempo il mio essere umano, con i suoi pensieri e le sue emozioni.
 

Questo ferale taedium vitae - Tobias Fior
Questo ferale taedium vitae – Tobias Fior

Come mai un libro proprio sul D’Annunzio?
Ho sempre ritenuto che d’Annunzio fosse ritenuto da molti ciò che in realtà era solo in minima parte. Presentato da molti come un istrione, un donnaiolo, un esteta esagerato, in pochi hanno veramente   compreso   ciò   che   davvero   era   sotto   la   maschera   che   indossava   continuamente   per nascondere   il   proprio   vero   Sé.   Quello   che   ho   voluto   fare   con   questo   libro   è   stato   presentare d’Annunzio sotto un aspetto diverso da come solitamente viene presentato. Abbandoniamo per un attimo il geniale saltimbanco che sapeva apparire su tutti i rotocalchi dell’epoca per le sue mani bucate, per le sue numerose relazioni amorose e prendiamo in mano il d’Annunzio uomo, quello che piangeva   al   Vittoriale   sotto   il   peso   dei   ricordi   passati,   quando   i   fantasmi   delle   sue   memorie lentamente tornavano a chiedergli il conto. Prendiamo il d’Annunzio che soffre in silenzio davanti alla morte della madre, o il d’Annunzio che fa di tutto per riportare la salma della Duse in Patria,
dopo averla definita “colei che non meritai”. Per un attimo prendiamo solamente questo d’Annunzio e lo si vedrà sotto una luce diversa, più umana e meno spettacolare.

Quale aspetto della sua vita ti ha colpito ed affascinato di più?
Quando cominciai a leggere (e successivamente a studiare) la vita e le opere di d’Annunzio, avevo quindici   anni,   ero   in   una   fase   dell’adolescenza   in   cui   leggere   le   gesta   spropositate,   eccessive, erotiche ed eroiche, mette in uno stato d’animo di esaltazione e rende più affascinante la stessa biografia. Eppure oltre a queste gesta eclatanti ed eccentriche vi sono quegli aspetti poco conosciuti del d’Annunzio che lo rendono ancora più affascinante, ovvero quegli episodi della sua vita in cui si scorge l’essere umano umile e sincero in lui, al di là del personaggio costruito in base alla propria arte (e non viceversa). Queste caratteristiche nascoste e quasi mai portate all’attenzione delle masse
e sempre di più trascurate lo fanno vedere sotto un’altra luce, una luce più dolce, che lo rende più accettabile.
“«Questo ferale taedium vitae». La depressione di d’Annunzio” è un volume che analizza la vita dell’esteta da un punto di vista che forse non tutti conoscono od hanno approfondito.
Come mai hai analizzato questo ambito? Cosa hai scoperto?
Ho cominciato ad approfondire questo aspetto della vita di d’Annunzio grazie al contatto e alla collaborazione che ho avuto con lo studioso Attilio Mazza (1935-2015), che fu il mio mentore e a cui devo molto sul piano letterario e anche sul piano dell’appoggio negli studi dannunziani. Attilio Mazza   nel   suo   libro   “D’Annunzio   Orbo  Veggente”   metteva   alcuni   punti   in   risalto   per   quanto riguarda una possibile depressione di d’Annunzio e ancor di più ipotizzava la morte per suicidio del grande Vate d’Italia. Da queste ipotesi ho cominciato piano piano a rileggere alcuni passaggi dei romanzi autobiografici di d’Annunzio (dal “Notturno” al “Libro Segreto”) e a rivedere sotto un’altra luce certe espressioni, certi punti che inizialmente si tende a tralasciare quasi si volesse accettare senza obiezioni il d’Annunzio che unisce Arte e Vita, fino a farne un unicum da cui è impossibile cavarne qualcosa di davvero utile. Eppure da questi piccoli passaggi ho potuto rileggere d’Annunzio sotto una luce  diversa, ben conscio che stavo cominciando a percorrere un campo minato. Ma sulla base di alcuni indizi di fattore psicologico e biografico sono riuscito a risalire alle possibili cause della depressione dannunziana. Ho avuto modo di riprendere in mano alche alcuni piccoli aspetto che spesso non vengono tenuti in considerazione neppure dai più eminenti studiosi, come per esempio il piccolo canzoniere “In Memoriam”. Pubblicato nel 1880 in seguito al successo della raccolta   “Primo   vere”,   ricette   dure   critiche   e   il   giovane   d’Annunzio   lo   ritirò   dal   mercato distruggendone quasi tutte le copie. Leggere i sonetti dedicati alla defunta nonna Rita Olimpia Lolli, mi ha permesso per esempio di svelare l’intero processo di elaborazione del lutto del giovane poeta.
Ho   avuto   modo   di   prendere   in   mano   alcuni   aspetti   degli   ultimi   vent’anni   di   vita   di   Gabriele d’Annunzio, come ad esempio il suo  rapporto-mania con la cocaina, di cui faceva smodato uso, inventando diversi modi di assunzione (come per esempio unirla alla cera e mettendo l’intruglio
sulle gengive) e questo contribuì in parte a favorire la depressione ormai incombente. Altro aspetto poco considerato e analizzato è la malattia che contrasse a Parigi, la sifilide, che lo segnò nel fisico e nella mente. Per quanto riguarda la depressione in modo più diretto c’è da sottolineare il fatto che
d’Annunzio fosse consapevole dello stato psico-fisico in cui riversava, tanto che negli anni del Vittoriale rifiutò più volte di ricevere il caro amico pescarese e famoso psichiatra Rosalino Colella, che avrebbe potuto senza dubbio aiutarlo. Fece in modo da evitare qualsiasi contatto esterno che potesse   rimembrargli   la   sua   situazione   critica,   tentò   numerose   volte   il   suicidio   e   altrettante
numerose volte lo progettò, segno che il processo depressivo si trovava già in fase avanzata. Non è da escludere nemmeno l’aspetto genetico della  depressione dannunziana, lo zio Enrico Rapagnetta (che   d’Annunzio   amava   chiamare   Demetrio),   fratello   del   padre,   fu   vittima   di   un   grave   stato
depressivo che lo portò a suicidarsi presso lo stretto di Messina. Nel “Libro Segreto” si legge in maniera   profetica:   “Come   tanti   sapori   della   vita   dolosa   con   tanto   studio   assaporati   potevano disgustarlo di vivere? Egli si uccise, in disparte. Io così mi ucciderò”.
Verrà più volte ricordato da
Gabriele,   quasi   un   fantasma   aleggiante   nella   sua   vita   e   grande   spazio   prenderà   nel   romanzo “Trionfo della Morte” (1894) e tra le pagine del già citato “Libro Segreto” (1935).

Notte - Tobias Fior
Notte – Tobias Fior

Il libro su D’Annunzio è la tua seconda fatica letteraria. Il tuo esordio lo hai fatto in campo editoriale   con   “Notte”,   un   romanzo   coinvolgente   pubblicato   nel   2008.   Di   cosa   si   tratta?
“Notte” lo scrissi tra il marzo e il novembre 2006 in un periodo dal punto di vista emotivo e sentimentale per me molto intenso. “Notte” tratta la storia di un ragazzo, Francesco Adalberti, studente   presso   il   liceo   linguistico   “F.W.   Nietzsche”,   è   un   appassionato   seguace   di   Gabriele d’Annunzio, nell’abito e nella mentalità dandy. Indossa immancabilmente un completo con giacca e cravatta neri, con una vistosa rosa blu all’occhiello. Oltre a questo è un ragazzo dotato di talento ed intelletto (è uno dei migliori studenti del  liceo), suona il pianoforte, è un amante di Chopin e dei suoi “Notturni” e  compone poesie, ma ha anche grossi problemi con la gestione della rabbia, che
esterna in modi violenti e senza alcuna pietà. Il fatto che però è al centro del romanzo è l’arrivo nella scuola di una nuova professoressa di tedesco,  Emanuela Muti, una donna dotata di un fascino e   di   una   bellezza    irresistibili,   che   fanno   leva   sull’animo   di   Francesco,   che   se   ne   innamora   e lentamente riesce a sciogliere il blocco di ghiaccio che attornia il suo animo. Da questo fatto si evolve   tutto   il   romanzo,   tutte   le   vicende   che   vedono   protagonisti   Francesco   ed   Emanuela,   un viaggio all’insegna dell’amore e dell’arte.

Già tra le pagine di “Notte” si percepisce un collegamento con D’Annunzio. Scriverai in futuro ancora di lui?
D’Annunzio è stato l’autore che mi ha fatto da guida e da cui ho preso spunto per il primo romanzo, è stato il mio punto d’appoggio. Dopo la pubblicazione nell’ottobre 2008 del primo saggio “Il tema delle   mani   nell’opera    dannunziana”   sulla   “Rassegna   dannunziana”   di   Pescara,   dopo   la collaborazione (anche se in minima parte) con Attilio Mazza per il libro “D’Annunzio e l’Aldilà” (Ianieri Editore, pagg. 185, 2011) e successivamente la pubblicazione di “«Questo ferale taedium vitae». La depressione di d’Annunzio” (youcanprint, pagg. 170, 2013), penso che continuerò a scrivere   ancora   di   d’Annunzio,   in   parte   perché   sono   entrato   nel   panorama   degli   studiosi
dannunziani, in parte perché è stato un mio punto di riferimento dal punto di vista letterario, in parte perché continua a emozionarmi e continuo a scoprire sempre più aspetti poco conosciuti che lo rendono ai miei occhi ancora più affascinante. Scriverò ancora di lui, continuerò a scrivere studi e continuerò le mie ricerche, perché da d’Annunzio sono partito come semplice appassionato e mi sono evoluto come studioso, ora come ora mi sento in dovere di continuare a fare in modo di scoprire sempre più cose nuove su questo autore.
Fino   ad   ora   abbiamo   guardato   al   passato.   Parlaci   un   po’   dei   tuoi   progetti   futuri.
Ho   diversi   progetti   per   l’immediato   futuro.   Sto   cercando   di   concentrarmi   prevalentemente   sul romanzo,   anche   se   ovviamente   il   mio   ruolo   di   dannunzista   mi   porta   senza   dubbio   alcuno   a concentrarmi  anche  sui  saggi.  Entro  l’estate  uscirà  il  mio  secondo  romanzo  dal  titolo  Io  sono tornato, un thriller ambientato a Verzegnis; oltre a questo ho messo le basi d’inizio per un altro romanzo dal titolo provvisorio di  La meccanica degli affetti, un romanzo che apparirà diverso nello stile, nel genere e nella forma. Sarà il romanzo che vedrà mettere in risalto il mio sé scrittore, più originale, più autentico, con ben poche influenze di altri autori.
Che consiglio vuoi dare agli scrittori esordienti?
Il mio consiglio è quello di non abbattersi mai, di insistere sempre in quello che si fa. Scrivere è vivere, questo è il mio motto che voglio condividere con tutti gli scrittori alle prime armi.
Un altro consiglio che voglio dare a tutti è quello di non fermarsi al primo ostacolo, perché di ostacoli se ne incontrano davvero molti e non solamente nella scrittura, bensì anche dopo la riuscita pubblicazione,   non   fermatevi   alle   critiche,   non   fermatevi   alle   frecciatine   anche   quelle   meno costruttive e più tese a offendervi, rafforzate la vostra corazza e continuate a scrivere senza farvi abbattere.   Continuate   a   scrivere,   a   migliorare   tutto   quello   che   potete.   I   risultati   non   verranno nell’immediato, ma con il tempo e la pratica e sarà da questa fatica che trarrete giovamento!

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