Esce lo studio di Tobias Fior su Gabriele d'Annunzio
3 min readDa poco più di un mese è uscito lo studio-trattato “Questo ferale taedium vitae. La depressione di d’Annunzio” (Youcanprint, 172 pagine, €20,00) del dannunzista carnico Tobias Fior. Uno studio elaborato in due anni di ricerche, che hanno fruttato una panoramica molto interessante circa la figura del Vate.
«Sulla base di molti elementi sono riuscito a risalire alle possibili cause del male oscuro di Gabriele d’Annunzio» dice Fior. «Molti eminenti studiosi tendono a mettere fuori discussione il fatto che d’Annunzio potesse essersi ritrovato vittima di un esaurimento nervoso ed essere successivamente precipitato nella depressione. In realtà negli stessi ultimi scritti autobiografici di d’Annunzio si possono ritrovare elementi che mettono in chiara evidenza questa possibilità. Le cause sarebbero da ricercare in primo luogo in alcuni traumi dell’infanzia, come il precoce contatto con la morte, prima attraverso la visione di animali al macello, successivamente attraverso la morte dello zio paterno Enrico Rapagnetta e poi con la morte della nonna paterna Rita Olimpia Lolli. In secondo luogo le cause vanno ricercate sotto il punto di vista genetico, nella famiglia originaria di d’Annunzio alcuni elementi erano chiaramente affetti da sintomi depressivi, lo stesso zio Enrico era depresso e non è da escludere che lo fosse anche Francesco Paolo Rapagnetta-d’Annunzio, il padre di Gabriele. Questa tara ereditaria avrebbe toccato il famoso figlio».
Fior continua dicendo come gli scritti di d’Annunzio siano molto interessanti sotto un aspetto psicologico: «Vi è ad esempio l’ “In Memoriam”, pubblicato subito dopo il successo d sarebbe stata tramandael “Primo vere”, una raccolta di poesie in memoria dell’adorata nonna. Stroncato dalla critica il piccolo libretto venne ritirato dal mercato e le copie vennero quasi tutte distrutte. La lettura di queste poesie, al di là del fatto puramente letterario, rivelano l’intero processo di elaborazione del lutto da parte del giovane d’Annunzio, l’intero libretto tocca tutte e quattro le fasi del lutto descritte dallo psicoanalista inglese John Bowlby. Oltre ai romanzi di carattere autobiografico come il “Libro segreto”, anche i romanzi giovanili toccano alcuni lati molto importanti per d’Annunzio. Il “Trionfo del morte” (1894) descrive alcuni elementi puramente depressivi e sono descritti in maniera molto precisa, tipica di chi ha vissuto un simile stato. La presenza poi dello zio Demetrio (il soprannome dato a Enrico Rapagnetta) evidenzia come d’Annunzio stesso sentisse questa tara ereditaria incombente».
Fior continua dicendo che anche l’abuso della cocaina, a cui d’Annunzio venne introdotto nel 1919, fece affossare incredibilmente il suo animo già sul procinto di crollare. L’uso di sostanze psicotrope aumentò il rischio depressivo e probabilmente furono proprio quelle a mettere in moto l’intero processo depressivo.
Lo studio si conclude con l’ipotesi del suicidio finale di Gabriele d’Annunzio: «C’è una lettera del 1935 di d’Annunzio che confessa come la caduta dal balcone nel 1922 fosse un tentativo di suicidio» dice Tobias Fior. «Gli studiosi snobbano questa lettera, ma è profondamente rivelatrice. Come nel 1922, anche nel 1938 c’erano le condizioni per mettere in moto il suicidio, trovandosi da solo e senza alcuna presenza attorno le circostante per attuare il gesto suicida erano favorevoli. La depressione avanzata porta inevitabilmente anche a pensieri suicidi e anche alla stessa progettazione della propria morte».
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